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L'UOMO DI GOMMA
di LB#15

Questa storia risale ai tempi in cui molte pagine del libro del Playground di Fuso erano già state sfogliate. Molto era stato fatto e il mito era stato creato. L'onda di riflusso, generata dal nostro movimento a Fuso, portava a volte a incontrare, sulle vive pietre del nostro campo, una serie incredibile di personaggi, profani al mondo che noi rappresentavamo.


È stato in una di queste occasioni che incontrai l'Uomo di Gomma.
 

La giornata, o meglio la serata, perché al Playground si gioca di sera, fino all'ultima goccia di luce, accompagnati dal curioso tifo circolare dei pipistrelli, in volo sulle teste di chi raccoglie le ultime forze per vincere, perché al Playground nessuno vuole perdere, mai... La serata, dicevo, inizio nel più strano dei modi.

 

Donne? Ragazze non di Fusignano? Ragazze venute a giocare a Basket al Playground? Strano presagio, strana situazione per una realtà nata e sviluppatasi sulle spalle di un gruppetto di ragazzi e per questo una realtà ristretta, quasi chiusa. Tutto però filò liscio, anche perché le "straniere" non avevano il nostro fuoco dentro. Due tiri a canestro, una sigaretta, tante chiacchiere, tanta voglia di esserci ma poca di giocare, peccato o meglio così? Chi lo sa.

 

Con loro c'era un ragazzo. Faccia già vista, a Fuso ci conosciamo tutti, anche se poi non ci salutiamo in piazza ma ci abbracciamo se ci incontriamo a 40 chilometri da casa. Con quel ragazzo non c'era nulla in comune. Diverse le amicizie e le frequentazioni, diverse le abitudini e gli ambienti: non c'erano legami, solo diversità. Sapevo che giocava a pallavolo, ma a basket era un disastro.
 

Eppure in lui c'era qualcosa. Intendiamoci, vederlo giocare era come guardare un gatto che impara a nuotare: tanto movimento, tanta grinta ma è solo acqua che si sposta. Ma sentivo dentro di lui qualcosa, un richiamo. Vedevo che una scintilla poteva scoccare. Il suo modo di muoversi, goffo per uno sport che non conosceva, ma nonostante ciò plastico, quasi di... gomma. Ecco, giocava come se fosse di gomma. Portava avanti il corpo, lo avvicinava a canestro con dei mezzi saltelli, troppo corti per essere efficaci ma imprevedibili e plastici.


Fu così che per la prima volta rivolsi la parola all'Uomo di Gomma: che c'era del Basket dentro di lui, non avevo dubbi. Poche parole, non mi fido subito di uno che lancia la palla di qua e di là dalla rete senza cercare di metterla in buca, ma ugualmente lo avvicinai a fine partita e gli sorrisi. Le parole che gli dissi, le prime, furono: “Se vuoi venire a fare allenamento con noi, sei il benvenuto. A noi farebbe molto piacere se cominciassi a giocare a basket”. Lui mi rispose gentilmente e ricambiò il sorriso: “Grazie Luca”, mi disse, un po' incerto.

 

Replicai: “Sei veramente ben accetto, Gemy”. E la vita di molti, da quel giorno, cambiò.

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